venerdì 2 novembre 2007

emigranti moderni


rotiseria miramar
Inserito originariamente da lavalen
Io gli emigranti li ho sempre pensati con la valigia di cartone, sporchi, analfabeti, insomma con le pezze al sedere, letteralmente come Crialese li raffigura (e non solo lui) nel suo film “Nuovo Mondo”. E il fenomeno migratorio lo collocavo temporalmente in un’altra epoca, quando ancora io non ero nata. Invece scopro quaggiù, in quest’angolo di Europa dall’altra parte dell’oceano, che l’emigrazione continua, dall’Italia alla ricerca di opportunità, letteralmente alla caccia di fortuna. Non mi riferisco al variegato mondo dei cosiddetti espatriati, quelli che partono in missione, fanno gruppo, ricreano in ogni continente dove vanno le condizioni di vita originarie della propria città e si lamentano dello sporco, dell’assenza di buona pizza, del caffè imbevibile etc. E i moderni emigranti per me non sono neppure i freakettoni dello Yucatan, sulla spiaggia tropicale a cucinare pizza e tagliatelle “perché cioè, sì, che qua ho trovato, cioè, una dimenzione di vita alternativa, cioè, faccio meditazione e mi concentro meglio nella posizione del cobbra quaggiù, non c’è niente da fa’!”.
No, quelli che sto conoscendo quaggiù sono una razza a parte, emigranti moderni, lasciano casa perché fuori, sicuramente, otterranno risultati maggiori a parità di sforzo, almeno questo sembra essere il paradigma applicato.
E così conosco Carmine, emigrato da Salerno 10 anni fa. Ha individuato una nicchia di mercato interessante: un caseificio che utilizza il latte argentino con tecniche di produzione del formaggio tipicamente italiane … Ne ha ottenuto un pecorino che, per gli standard locali, è fantastico e produce una mozzarella fiordilatte che mi ha fatto commuovere quando l’ho assaggiata. E mi racconta, nel suo traballante italiano che “me piace chedarme accà, è una mui buona città, qua sto bene ma non posso volvere a italia, con questo dinaro nun ce faccio nunca al mio paise”.
E poi conosco Francesco, tipico romano della Roma del mondo cinematografico, del fare e brigare. Lui lavora a nyc con harvey keitel prima di decidere di traslocarsi armi e bagagli a B’aires ed aprire un ristorante … “sai, co’ harvey e robbert (cfr. De Niro) se parlava d’apri’n ristorante però io mai ho avuto un ristorante; chiaro, se magnavano la mia spigola ar sale loro e tutti l’ amici e me riempivano de complimenti, ma da na spigola a’n ristorante ce passa n’autostrada, meglio fasse le ossa quaggggggiù, no?”. Aperto da soli due mesi, “i due ladroni” è un posto assolutamente unico, la qualità del cibo è tanto buona quanto il sapore dei formaggi di Carmine.
E io cosa racconterò, un giorno, incontrando un italiano che passa qualche giorno per turismo a B’aires? Sono aperte le scommesse …